– Nonno, guarda, due ricci!
– Edo si tira sulla barca svegliando il vecchio.
Senza girarsi, lui getta un’occhiata al secchio accanto a sé: una sarda, qualche alga, nulla più.
– E anche oggi qualcosa sotto i denti la mettiamo. Ma se va avanti così si mette male. Pensare che al largo il mare pullula di pesci…

– Davvero? Allora ci sei stato! Pare vi siano creature meravigliose laggiù. Sirene, le chiamano

– Le sirene sono esseri terribili. Se senti il loro urlo acuto, sta’ alla larga!
– Urlano, nonno, perché?

– Urlano, sì, quando scorgono le navi fantasma o, peggio ancora, i mori.

– I mori? Li hai mai visti tu? Fanno paura?

– Quando avevo la tua età vivevano anche qui. Si stava bene, allora, e al largo si andava con barche veloci. Sfrecciavamo tra le onde, pensa, senza usare i remi!

– E le navi fantasma, quelle i remi li usano?

– Le navi fantasma no: loro vanno alla deriva. Ma un tempo non erano altro che le barche dei mori, veloci e resistenti come poche.

Le avarie capitavano, certo, ma questo mare non è così grande: qualcuno ti soccorreva sempre. Allora si navigava senza paura, si andava lontano, fino alle terre di là e oltre ancora.

Poi arrivarono le sirene: barche in avaria e soccorritori le loro prede. E ora il mare non è più lo stesso: trasporta soltanto cadaveri e i relitti ostruiscono il passaggio. Poi con questi remi dove vuoi andare? Neanche un miglio e già tramonta il sole!

Il vecchio gira la barca verso il porticciolo. Di spalle, il bambino scruta l’orizzonte: nel sole che scende una nave, le lacere vele spiegate, si tuffa nella notte.