Sibilla, programmatrice di realtà virtuali dal nome antiquato, aveva un bel cruccio da risolvere: il fattore Babau. Nel gioco “LifeCube4” la simulazione dei comportamenti umani doveva essere portata alla perfezione. Ma ora toccava al Babau: il committente del gioco aveva insistito che ci fosse questa opzione. Nel caso il giocatore non fosse stato più in grado di governare in assoluto la sua popolazione di pixel, avrebbe potuto usare l’”effetto Babau” (ctrl+F6). L’algoritmo doveva provocare automaticamente una paranoia diffusa e sottile, grazie alla quale riprendere il pieno controllo della simulazione tramite dichiarazioni mirate e tranquillizzanti diffuse sui media. Ma l’intelligenza finora data ai personaggi virtuali era talmente elaborata che la paura provocata avrebbe dovuto essere verosimile e oggettiva, per essere fatta propria. Non un semplice risultato forzato. E i personaggi la ignoravano. Dopo altri due giorni di tentativi Sibilla si era convinta: intelligenza e paura irrazionale non potevano coesistere. Ma poi capì. Nel suo modello di simulazione si era lasciata prendere la mano e aveva costruito una realtà ideale, più che una simulazione di quella reale: ottima istruzione gratuita, spettacoli e mostre aperti a tutti, persino una tv con programmi di qualità. Risultato: troppa intelligenza. Modificò quindi alcuni parametri, riportandoli a standard più verosimili. Introdusse anche “Buona Domenica” e il SuperEnalotto. Provò l’effetto Babau: funzionava alla grande.

Paolo Maffei