Babau Immagini d'inverno

Nel paese di Babau l’inverno è la stagione della gioia, i giovani coscritti recidono
le proprie orecchie e tentano di appenderle in alto nel cielo grigio blu. Le lanciano in aria ed esse cadono in ogni dove. D’inverno i bordi delle strade si tingono di orecchie, vi è un giardino, il giardino più visitato al mondo, con vialetto di orecchie fiorito, costole di archi verdi gremiti con ghirlande di orecchie rampicanti. È uno spettacolo
senza pari. Privi di orecchie, i giovani di babau ragionano con gli occhi.
L’inverno è la stagione delle immagini. Non si sente e non si ascolta, si vive isolati
in compagnia di figure in movimento. I colori piangono sulla tela e diviene impossibile
distinguere i corpi di carne e sangue dalle immagini dentro i contenitori geometrici.
Avvinti dal palcoscenico, i giovani urlano la propria gioia, urlano, senza potersi
udire. Urlano fino a quando la voce si consuma e scompare, e rimangono muti, con la gola
arsa, avvolti e immobilizzati nella ragnatela di immagini. Il Babau osserva, proiezionista
esperto, seleziona figure e dona loro il movimento che i corpi più non possiedono.
Privi di tatto, udito e gusto, immobili i coscritti non hanno più paura e cercano gli odori.
Il Babau pietoso ricopre il regno di nebbioso incenso. Rapiti e persi nel paese delle figure e delle anime sfocate, i coscritti alzano le braccia al cielo e venerano le immagini, poiché in esse sta il germe della realtà. Diradata la nebbia, corrisposto il contratto sociale con il geometrico velo di figure oltre il quale risiede il vero, gli organi e i sensi tornano al loro posto, e nel regno di Babau irrompe la primavera.