Licheni
di Pinche
Parte seconda
Il cervo li osservava con una perfetta aria bovina. Gli occhi liquidi, la bocca piegata in un prevedibile sorriso placido.
Quando si alzò, lo sforzo gli piegò gli angoli della bocca e le sue lunghe zampe compirono molti sgraziati movimenti nel tentativo di ritrovare una posizione normale.
Zam continuava a fissare quel cervo scoordinato riconoscendoci un qualcosa di familiare, un’inadeguatezza consueta.
Dei rumori metallici schioccarono le dita dentro al cervello di Zam: Typtri era già lontano, perso di nuovo a rovistare nelle macerie che ornavano il bosco. Zam lo raggiunse, cercando di schivare la strana sensazione che il cervo li stesse seguendo. Ma in effetti li stava proprio seguendo, lento e inesorabile come una mucca che mastica trifogli.
– Quella deve essere la fabbrica.
Typtri si era fermato davanti a un cancello divorato dalla ruggine. Dietro al cancello c’era una di quelle grandi sbarre a righe rosse e bianche. Era sollevata a farti passare, e probabilmente era così da un bel po’ di tempo. Sulla sbarra e sull’asfalto correva l’edera per cercare disperata un po’ di terra. Correva anche su un ibisco, un grande ibisco viola fiorito a guardia del cancello.
Alle spalle della sbarra e del cancello c’era la fabbrica. Tre grossi capannoni giallo sbiadito, con i tetti a spina di pesce lanciati verso ovest.
Mentre entravano Zam inciampò in una lattina arrugginita di birra e il silenzio accogliente di quel posto le accarezzò la faccia.
Lei e Typtri passarono molto tempo a raccogliere dal pavimento i bulloni e le rondelle sparsi come semi di una strana piantagione metallica. Poi, mentre attraversavano lo stretto corridoio che collegava il primo capannone al secondo, seppero dai rumori e dalle voci che la fabbrica non era affatto abbandonata.
Il secondo capannone era molto più luminoso del primo. Una parte del tetto era crollata e la neige raccolta sul pavimento e sulle macerie sbiancava di riverbero le pareti intorno.
Sotto la parte di tetto non crollato stavano due donne e un uomo, seduti intorno a un grosso macchinario che sferragliava e cigolava in modo esageratamente invasivo.
Stavano tessendo delle lunghe stoffe bianche che a mano a mano si ammassavano sul pavimento appoggiandosi in soffici rotoli.
Un quarto uomo gli venne incontro esibendo un piccolo inchino.
– Buongiorno, siete del Ministero immagino. Siete venuti per l’ispezione…?
Zam attese che le venissero fuori delle parole vagamente logiche.
– No, guardi veramente noi veniamo dalla Baia, a nord di Città11, eravamo in cerca di pezzi di ricambio. Ci avevano raccontato di questa fabbrica dove forse potevamo trovarli… ma scusi, quale Ministero poi?
– Ah no, mi rincresce, sfortunatamente non produciamo componentistica meccanica o elettronica, se è quello che cercate… del resto neanche idraulica in realtà…
– No, beh, chiaro che non la producete…
Zam stava iniziando a farsi largo nel disagio da quando lo strano omino, vestito come un impiegato postale del vecchio West, aveva iniziato a parlare.
– Infatti, no. La nostra attività si riduce unicamente alla produzione di bandiere.
– Bandiere?
Il discorso stava decisamente prendendo una piega surreale.
– Si, esatto. Venite, vi faccio visitare la filiera. Purtroppo la nostra è una piccola azienda, abbiamo dovuto rinunciare a molto del nostro personale e la produzione si è notevolmente ridotta…
– Azienda?
– Si, oh mi dovete perdonare… non mi sono presentato… sono Theodore Ri, project manager della Sic Corporate.
– Le bandiere a cosa servono? – si intromise Typtri per impedire a Zam di ripetere per l’ennesima volta tutte le parole che l’uomo pronunciava.
– Ah beh ecco, noi agiamo unicamente sotto la supervisione del nostro azionista maggioritario…
– Sì, ma a cosa servono? Sono enormi… saranno lunghe una decina di metri…
– Le dimensioni sono quelle standard, se siete qui per conto del Ministero potete tranquillamente controllare da soli che rispettiamo tutti i canoni della circolare 748.494… anche gli standard sulla sicurezza dei lavoratori poi…
Zam si guardò i piedi. L’uomo era d’improvviso avvampato, le mani gesticolavano nervose e lei aveva paura che se avesse continuato a fissarlo come un alieno, avrebbe finito col farlo mettere a piangere.
– No, guardi, non siamo del Ministero… ma quale Ministero poi? Non esistono più ministeri… non esiste uno stato, non esiste un governo… come fa a esistere un ministero scusi?
– Beh, sì, nel nostro paese ormai non si respira tanto bene, ha ragione. La verità è che il governo ci ha abbandonato… sa da quanto aspettiamo gli sgravi fiscali promessi?
– Sgravi fiscali? No, guardi veramente… è dai giorni delle bombe che non esiste più alcun fisco… ma poi insomma, si è guardato intorno? Anche questa fabbrica… è abbandonata da decenni, guardi là il tetto è anche crollato, ci cade dentro la neige…
– Cosa intende con neige?
Zam indietreggiò sopraffatta.
Si girò a implorare i tre che nel frattempo non avevano staccato gli occhi dalla stoffa bianca.
– Almeno voi, voi lo sapete cos’è la neige no? Vi ricordate i giorni delle bombe? Vi rendete conto che tutta questa cosa dell’azienda è completamente senza senso…?
Una delle due donne alzò e il capo e lo girò verso Zam, lentamente, gli occhi come due limoni e un sorriso sinistro che le tagliava la faccia.
Uscendo dalla fabbrica Typtri osservò Zam che si arruffava i capelli fino a farli urlare di fastidio e nervosismo. Altre volte aveva visto alcuni Residui comportarsi nello stesso modo assurdo di quegli uomini, i Residui più grandi soprattutto. Mai i pargoli, a cui veniva molto più naturale coltivare una capacità di sopravvivenza quasi zen immersa dentro a un quotidiano iperattivismo.
– La cosa più importante è che non abbiamo affatto trovato la tua valvola.
– Non so se è la cosa più importante Typtri. Comunque continuiamo a girare un po’, magari ci sono altre fabbriche o una discarica o uno sfasciacarrozze…
Il cervo li aspettava accanto al cancello, intento a staccare licheni dal tronco dell’ibisco.
Quando li vide arrivare smise immediatamente come se l’avessero sorpreso a provarsi i vestiti della mamma, arrancò nei suoi movimenti sconclusionati e prese a guardarli con un’aria imbarazzata e un largo sorriso.
Appiccicato sulle sbarre del cancello era comparso un foglio bianco scritto a penna in una calligrafia incerta e bambinesca. Quando Zam si avvicinò per leggerlo il sorriso del cervo si allargò fino all’impossibile e il torace prese a singultare in quello che Zam avrebbe potuto giurare volesse essere uno scoppio di risa.
Lavoratori! Operai!
È giunto il momento di alzare la testa di fronte all’arroganza padronale e alle ingiustizie di questa società borghese. Un salario equo e dignitoso, delle migliori condizioni di lavoro e la garanzia di un futuro degno per i nostri figli. Questo ci vogliono negare, questo noi riconquisteremo con una lotta dura e caparbia. Non sarà una passeggiata per nessuno, compagni, non neghiamolo, ma uniti e decisi la voce di ogni singolo sfruttato si trasformerà in un coro capace di sfondare il muro dell’oppressione capitalista.
Nessuna repressione ci potrà fermare se resteremo uniti!
Movimento Unito Anticapitalista e Operaio
Non appena ebbe finito di leggere, dal cespuglio di edera vicino al cancello Zam sentì provenire uno strano fruscio. Mentre si avvicinava capì che qualcuno la stava chiamando.
– Signorina, stia attenta a leggere così sfrontatamente il nostro volantino. Se il guardiano la vede potrebbe chiamare la police e accusarla di averlo attaccato lei…
– Prego? Non capisco, scusate, ma chi siete?
– Sssst! Non alzi la voce signorina! Vede quelle telecamere là in alto? Sono collegate direttamente con la sala controllo dove decine di police guardano e registrano le immagini! Siamo tutti controllati! Controlli il controllore signorina!
A Zam iniziava a girare la testa. Si girò verso il cervo che continuava a singultare in quel suo modo sgraziato.
– Beh ecco, non credo tanto di afferrare il senso di quello che dite. Comunque sì, cercherò di stare attenta a questo controllore…
Un’altra voce sbucò dal cespuglio.
– Signorina, sembra che lei non abbia ancora aperto gli occhi di fronte alla barbarie che si è impossessata del nostro paese. Non ha letto dell’ultima finanziaria volta esclusivamente a colpire le tasche di noi lavoratori? Non ha sentito l’arrogante intervento del Ministro? I compagni là dentro rischiano il posto di lavoro! A decine sono già in cassa integrazione!
– Ah! Voi dite i tipi là dentro che stanno tessendo quelle strane bandiere? Ma guardate che sono solo tre… ma poi scusate, anche voi con questa storia del ministro… ma non ci sono ministri… non ci sono neanche governi… che è ’sta finanziaria? Ha a che fare con la finanza? No perché davvero, neanche la finanza esiste più, ma da anni… potreste fare un sacco di cose, costruire una società come pare a voi, io non capisco come facciate a sopravvivere in questo mondo inventato…
– Signorina è lei che vive in un mondo inventato! Il mondo che le dipingono i media, quello che le raccontano i padroni…! Signorina che lavoro fa lei, che contratto ha?
Zam se ne andò innervosita come un’Alice in un paese delle meraviglie appena un po’ più tetro.
Quel cervo continuava a ridere, ma doveva aver intuito che lei si stava infastidendo parecchio e quindi cercava di voltare il muso per non farsi vedere.
Typtri capì che Zam ne aveva abbastanza.