shel

racconto di shel

Un tipo proprio strano ’sto ciabattino. Il sorriso stampato, la barba lunga, vuole toccare a tutti i costi le mie scarpe senza sentire cosa ho da dirgli.
A ripararle non ci metterà più di 5 minuti: avendo tempo lo farei io, ma ho da fare. Però lui niente, non sente ragioni. Si gira e si rigira le scarpe tra le dita e continua a tentennare.
Urca! Adesso pure il telefono! E togliti quel cazzo di sorriso dalle labbra, che hai da sorridere? Fa caldo, la benzina costa, il lavoro… tutti si lamentano e lui sorride. Non è mica un calzolaio vero… secondo me è solo un negozio di facciata, di quelli per riciclare il denaro.
Però guarda, fa anche le chiavi, chissà se fa pure quelle per la porta blindata… Ma in fondo non so, mica c’è da fidarsi… e se passa le chiavi a qualche ladro? Come quell’africano con cui ha chiacchierato mezz’ora – e io ad aspettare.
E poi è troppo cortese – ladro o non ladro, questo mi vuole fregare, come i meccanici che rompono un pezzo mentre te ne riparano un altro, così torni. Con quella faccia, poi, come minimo è un albanese in combutta con la mafia nigeriana, altro che tomaie e tacchi!
Ah, ha finito la telefonata. Però, l’italiano lo parla bene, e anche col dialetto se la cava: chissà per quali loschi affari lo ha imparato.
Dialetto o non dialetto, uno che sorride così e non vuole nemmeno lavorare mi puzza. Questo poi mi viene a rubare in casa. Le scarpe mica gliele lascio, e le copie delle chiavi sarà meglio se vado a farle da Brico. Così prendo la macchina e il suo complice a piedi non mi può seguire.