Il mito del White Man's Burden nel XXI

www.nytimes.com/2011/02/23/opinion/23fr...=me&ref=general

Mi ha colpito il concetto del mondo arabo come “fuori dalla storia per cinquant’anni”. Bisognerebbe capire cosa Friedman intende con “storia”. Mi puzza di magnifiche sorti e progressive.
Però in effetti è interessante, anche perché è su questa linea che si stanno muovendo quasi tutte le diplomazie ‘bianche’ di fronte alle rivolte arabe, massime la nostra – tutta tesa a preoccuparsi del ‘dopo’, dando per scontato che il ‘dopo’ sarà medioevo o giu’ di li’.

È vero, non può che colpire quella frase. L’idea che lo sfruttamento neo-colonialista li abbia tenuti fuori dalla democratizzazione a mo’ di Occidente è non stranamente accompagnata da un odore di “tempo uno e unico” della storia che lascia perplessi.
Soprattutto per la proposta di fondo: imponiamo ora una tassa extra alle esportazioni di petrolio per aiutarli e aiutarci, evitando che subisca innalzamenti drastici più in là.
Verrebbe da chiedersi: ma aiutare chi? Le popolazioni? I grandi estrattori di petrolio (vecchie nazionalizzazioni e joint-venture in cui il capitalismo finanziario occidentale è già ben invischiato)? E intanto – sembra dire – speculiamoci pure sopra: in almeno uno dei vari sensi della parola, la speculazione finanziaria serve anche a stabilizare i prezzi al rialzo, per evitare brusche variazioni. Il che, brutalmente, signfica: guadagniamo nel processo di democratizzazione araba. E aiutiamoli in questa fase, altrimenti va a finire che ci fanno un patatrac.
Avete notato la frase

You can create whatever vast welfare-state economies, without any innovative capacity, that you like.

A me, personalmente, mi puzza di: vedete di integrarvi in un capitalismo di tipo anglo-sassone, perché ora che vi accingete ad entrare nella storia, non vi facciamo scherzare più. O siete efficienti oppure vi fagocitiamo.