Orto di Carta - Ri.Generazioni Agricole - Bollettino sett. 2015

Orto di Carta

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Ri.Generazioni Agricole

Posted: 30 Sep 2015 01:05 AM PDT
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Esiste, ormai da diversi anni, un movimento di ritorno allagricoltura.

Come se si potesse tornare a qualcosa.

Come se, di punto in bianco, leggessimo un libro di LeGoff e decidessimo di festeggiare il Saint Monday
vestiti con tuniche di lana grezza e ballando al suono di una cetra.

Il vecchio contadino saggio, sempre che sia esistito, è stato spazzato via da un paio di guerre mondiali.
Quelli rimasti sono freaks, soggetti morbosamente affascinanti, da incastrare nei canali youtube dellinformazione green.
Da sbattere su facebook per creare una dissonanza cognitiva a chi osserva.

Non si può tornare allagricoltura.

Si può coltivare.

E lo si può fare partendo da presupposti nuovi, con nuove basi scientifiche legate allecologia ed alla sostenibilità, con una nuova sensibilità,
con nuovi strumenti, con un nuovo immaginario rurale che, possibilmente, la smetta di prendersi in giro su una distorta immagine di passato agricolo
e si liberi dalla forma mentale della mezzadria e del latifondismo, vere basi della cultura agraria italiana.
(Ieri era il signorotto di città, oggi è il supermercato, le certificazioni)

Si può coltivare.

La metafora sarà estremamente scontata ma, almeno, la condividiamo tutti: il nostro passato sono le radici di un albero.
Quelle radici hanno permesso alla pianta di crescere, svilupparsi, allungarsi verso il cielo sviluppando un tronco, i rami,
sui rami si sono affastellate migliaia di foglie, gemme, fiori e frutti.

In cosa quei frutti assomigliano alle radici?

Hanno markers genetici che li identificano come prodotto di quella specifica pianta, probabilmente, come nei frattali,
riportano nella loro struttura forme microscopiche di isomorfismo. Ma uno è una mela tonda e rossa,
laltro è un cilindro allungato marrone.

Uno non esisterebbe senza laltro ma se li confondete la coltivazione non è il vostro campo.

A noi, ad OrtodiCarta, piace pensare di essere quel frutto. Siamo contenti delle nostre radici.
Ma ci staccheremo dalla simbiosi con esse per generarne di nostre.

Noi coltiviamo.

Lo facciamo in barba a molti aspetti della tradizione reale o presunta (luso del rame è ormai interiorizzato come tradizione
pur rimanendo una catastrofe per quasi tutte le forme di vita).
Noi siamo una nuova generazione agraria. Caduta talmente lontano dalla pianta da non sapere neanche più bene a che specie apparteniamo.
Ma il terreno è fertile, lumidità giusta e, qui, cè un bel teporino.

Siamo di una generazione che, spesso, non ha avuto neanche un parente agricoltore.
Al massimo il nonno che faceva lorto e seguiva un pezzo di vigna. Una generazione che,
nata dopo il 68 e gli anni di piombo non ha avuto modo di identificarsi in nulla di stabile: lavvento di internet
ha accelerato qualsiasi processo svuotandoci di produzioni generazionali significative (i miei genitori avevano i Beatles e compagnia bella,
a me è toccato Curt Cobain percarità! Bravo e geniale ma, a differenza dei Beatles, entrato nella storia per il “sottovuoto spinto”
che lha ucciso non sicuramente per “leccesso di vita”).

Ma noi coltiviamo.

Produciamo cibo per noi e per la nostra comunità.

E non è neanche per opposizione alle forme di agricoltura attuali. Siamo convinti che tutto abbia una sua logica ed una sua funzione sociale ed economica: sarebbe assurdo pensare di eliminare la coltivazione estensiva del mais dal giorno alla notte o pensare che i fondi europei per lagricoltura non dovrebbero esistere (anche se un blocco per un paio di anni potrebbe avere effetti esilaranti).

E solo che crediamo nella diversità. Se cè spazio per le Imprese Agricole, allora cè spazio per le micro-fattorie e le partite IVA agricole.

Così, OrtodiCarta ha smesso di coltivare la terra.

Ha iniziato a coltivare un modello di sviluppo per micro-fattorie.

Ha figliato una partita IVA agricola (non unazienda agricola) in regime di esenzione e ha iniziato a sperimentare, nella pratica,
la fattibilità del suo modello attraverso una visione che mescola lapproccio punk del costruire con gli eccessi del mondo esterno,
con unottica un po naïf di marketing sociale ed un bagaglio enorme di informazioni da agro-nerd.

Una micro-fattoria è un sistema personale di produzione alimentare locale e sostenibile
(lo deve essere anche dal punto di vista economico oltre che ambientale).
Vista con locchio culturale Italiano, ha più a che fare con il giardinaggio che non con lagricoltura vera e propria,
quella dei cereali, delle vigne, degli ulivi o delle nocciole

Ed eccoci qui. A coltivare.

Io e Noemi, per conto di unidea, un progetto, quello di OrtodiCarta.

Come in tutte le sperimentazioni abbiamo fatto errori e ci siamo imposti di farne altri, in continuazione.
Fa parte del coltivare un modello sano e sostenibile. Sviluppare un sistema per prove ed errori richiede tempo e risorse
ma genera sistemi testati, flessibili e condivisibili.

Ma noi, non siamo unazienda agricola, non siamo imprenditori, siamo artigiani della produzione alimentare,
quindi siamo indissolubilmente legati esclusivamente alla nostra capacità produttiva e alla nostra rete,
non potendo accedere a finanziamenti o politiche economiche di scala. Sinceramente quasi non esistiamo.

Questo ci rende indipendenti, nel bene e nel male, e fa si che il modello di micro-fattoria sia riproducibile
anche in assenza di grandi investimenti o, nel caso ci fossero delle necessità finanziarie,
ci permette di analizzare e studiare strumenti alternativi per accedere ai capitali.

Noi coltiviamo cibo e paradigmi.

Entrambi con alterne fortune.

E lagricoltura, baby

Per i succitati motivi, e mille altri, abbiamo deciso di sperimentare lo strumento del Crowdfunding, del finanziamento diffuso. Abbiamo un progetto concreto di micro-fattoria sostenibile, indipendente, radicata sul territorio ed un progetto di raccolta ed elaborazione di informazioni che possano essere trasferibili ad altri per creare una nuova cultura agricola, un sistema diffuso di produzione alimentare che non si proponga come sostituto ma come alternativa alla grande imprenditoria agricola e che non guardi staticamente ad un passato bucolico ideale ma che affronti le sfide attuali così come affrontavamo il marmo davanti al Teatro Regio di Torino con gli skateboards. Un mosaico di microfattorie famigliari a basso impatto e a bassa capitalizzazione, ma professionalmente competenti e complete, in grado di adattarsi e modificare in meglio lambiente che le ospita senza il bisogno di occupare ettari di terreno o bruciare centinaia di tonnellate di cacca di dinosauro fossilizzata dentro un trattore. La pagina ufficiale del crowdfing sarà on line a breve con tutte le specifiche di come partecipare e di come aiutarci a diffondere il nostro piano di contaminazione.

Coltivare cibo su piccola scala, in maniera locale e vivere sono il nuovo Skateboarding.

Mettete un brano decente sul vostro mp3 e lanciatevi.