Il fastidio per l’arrivo di ospiti inattesi traspare a margine dei commenti al
naufragio di Lampedusa, dalle dichiarazioni dei razzisti, ma anche di quelli che
“io non sono razzista, ho anche un amico nero” e da quelli che senza rendersene
conto buttano lì una frase agghiacciante come se fossero al bar, e magari se ne
pentirebbero pure se solo avessero modo di rifletterci po’ di più. Un fastidio
fondato in buona parte sull’ignoranza.
La questione dell’immigrazione via mare comprende solo una frazione del fenomeno
delle migrazioni umane, una piccolissima parte delle persone che migrano da un
paese all’altro ricorrono a questa soluzione, ovunque nel mondo. Anche nel
nostro paese funziona così, nonostante sia una delle porte europee sull’Africa
la maggior parte dei migranti, anche “clandestini,” arriva per altre vie, di
solito meno pericolose. A scegliere la via del mare è una categoria ben precisa
di migranti, quella che fugge da guerre, repressioni o crisi molto più gravi di
una semplice crisi economica.
Non arrivano via mare gli africani o i mediorientali che provengono da paesi
funzionanti, seppur poveri, arrivano da paesi dai quali sono dovuti scappare
perché rischiavano la loro vita e quella dei loro familiari o da campi profughi
nei quali è evidente la condanna a trascorrere anni ad osservare la miseria e
consumare razioni fornite dalla carità internazionale, quando ci sono. Chiunque
abbia un passaporto e possa chiedere un visto turistico può arrivare in Italia
spendendo meno e rischiando nulla, chi arriva per nave è perché è privo di una
via più praticabile e fugge da situazioni nelle quali non è possibile o non è
salutare richiedere un visto o comprare un biglietto aereo.
Persone che vengono da campi profughi come quello allestito per i siriani a Zaatari,
o quello sterminato allestito in Kenya per i Somali a Daadab
o ancora per quelli che in Yemen accolgono etiopi, eritrei e sudanesi in fuga
dai loro governi, stabili quanto dediti alla repressione del dissenso o delle
etnie moleste. Persone che spesso viaggiano verso l’Europa grazie allo sforzo
economico delle loro famiglie o delle loro comunità, giovani famiglie che
lasciano indietro i nonni o giovani adulti che rappresentano l’unica speranza di
riscatto per interi nuclei familiari, che rimangono a casa ad affrontare anni di
lotta per la sopravvivenza.
Anche nel caso dei profughi siriani si ripete quanto visto in precedenza, a
migliaia stanno affluendo ogni giorno verso l’Europa via terra, quelli che sono
rimasti intrappolati e non possono evadere verso Nord si buttano nel
Mediterraneo e cercano di raggiungere i paesi nei quali sanno che è loro
garantito il diritto d’asilo e dove pensano di poter sopravvivere in attesa
della fine della guerra nel loro paese. Non ci sono molte altre scelte, tutto il
Nordafrica è scosso dalla primavere arabe e i paesi vicini alla Siria sono off
limits o ugualmente pericolosi, gli Stati Uniti sono troppo lontani, l’Africa
subsahariana un campo minato. Non sono persone che inseguono il benessere, sono
persone che cercano la sopravvivenza, esattamente come quelle che sono scappate
dall’Europa durante la Seconda Guerra Mondiale e dopo di loro quelle che le
hanno imitate ad ogni conflitto.
Non è in discussione che siano legittimati a farlo, non sono in alcun modo
“clandestini”, sono richiedenti asilo, la loro non è una situazione che possa
essere definita in alcun modo come illegale, il loro status è garantito da
convenzioni internazionali e anche dalle leggi italiane. Semmai il nostro paese
è particolarmente carente nell’assicurare loro la protezione e la celere
concessione dello status di rifugiato, che pure sarebbero previste. Per questo è
particolarmente doloroso sentire italiani che fanno sfoggio d’egoismo trattando
queste persone come questuanti che dovrebbero andare a bussare altrove, ma non è
solo insensibilità o calcolo politico, è anche ignoranza.
L’ignoranza di chi ha un’idea caricaturale di un fenomeno complesso ed eterno
come quello delle migrazioni umane e che non riesce a distinguere i profughi
provenienti dai paesi in guerra dagli immigrati più semplicemente in cerca di
fortuna e che anzi li spinge a criminalizzare chiunque non giunga nel nostro
paese “in regola”, agitando la “legalità come un feticcio utile a scacciare
l’invasore e anche la puzza di razzismo. Di migranti che arrivano
clandestinamente per delinquere o per conquistare l’Europa all’Islam non ce ne
sono su quei barconi.
Un’ignoranza che sarebbe bene sanare, sgomberando il campo da considerazioni
grette e meschine che non aiutano ad affrontare seriamente un problema grave
come quello rappresentato dai boat people
Boat people che periodicamente arrivano
dall’Africa, per il quale servono soluzioni appropriate e non strizzatine
d’occhio a xenofobi e altri personaggi che campano cavalcando il timore di
“invasioni” che esistono solo nella propaganda politica.
Pubblicato in Giornalettismo