Non lasciarti convincere da WhatsApp a condividere i tuoi dati con Facebook

Quando WhatsApp, la app di messaggistica, fu lanciata nel 2009, mi ha colpito come una delle più interessanti innovazioni che avessi visto in anni – per due motivi. Il primo era che sembrava ben progettato fin dall’inizio: era pulito, minimalista ed efficiente; e, in secondo luogo, aveva un modello di business che non dipendeva dalla pubblicità. Anzi, gli utenti hanno avuto un anno gratis, dopo di che hanno pagato un modesto abbonamento annuale .

Ancora meglio, il co-fondatore Jan Koum, sembrava avere un’avversione molto salutare per il capitalismo di sorveglianza che sottende le enormi entrate di Google, Facebook e co, da cui estraggono i dati personali degli utenti senza pagare, gratuitamente, per poi raffinarli e venderli agli inserzionisti. In un post intitolato “perché noi non vendiamo pubblicita’” scritto nel giugno 2012, ad esempio, Koum cita con approvazione una frase memorabile pronunciata da Tyler Durden (interpretato da Brad Pitt) nel film Fight Club: “la pubblicità ci fa ricorrere auto e vestiti, lavori che odiamo così possiamo comprare merda di cui non abbiamo bisogno.”

“Quando ci siamo seduti insieme per iniziare le nostre cose tre anni fa,” ha scritto Koum, "abbiamo voluto fare qualcosa che non era solo un’altra compensazione finanziaria di pubblicita’. Volevamo trascorrere il nostro tempo per costruire un servizio che le persone volevano usare perché funzionava e li faceva risparmiare e rendeva la loro vita migliore con una piccola cosa. Sapevamo che avremmo potuto far pagare le persone direttamente, se avessimo potuto fare tutte quelle cose. Sapevamo che potevamo fare quello che la maggior parte delle persone vuole fare ogni giorno: evitare la pubblicita’. "

E Koum era credibile come la sua parola. WhatsApp cresceva e cresceva, perché ha fatto quello che c’era scritto sulla scatola. La crescita è stata finanziata da 58 milioni di dollari da Sequoia Capital, l’unica società di capitali ad investire. Da febbraio 2013, WhatsApp ha dichiarato di avere 200 milioni di utenti attivi in tutto il mondo ed era valutata $1,5 miliardi
– non era enorme per gli standard di Silicon Valley ma buona per un assetto che aveva un modello di business onesto.

E poi, nel febbraio 2014, accadde qualcosa di strano. Facebook si offrì di acquistare la società – per $19 miliardi – e Koum e co hanno abboccato. Dato che il business di Facebook dipende dalla vendita di pubblicita’, la maggior parte di noi si chiedeva che cosa era accaduto agli ammirevoli principi di Koum e concluso, malinconicamente, che tutti hanno un prezzo.

Ma per un po’ WhatsApp continuo’ come prima pur all’interno della palizzata di Facebook. Non solo non ha fatto vendere pubblicita’, ma nel novembre 2014 ha annunciato che stava introducendo la crittografia end-to-end per tutte le comunicazioni di WhatsApp – cio’ significava che nessuno, nemmeno Facebook, era in grado di leggere (e quindi monetizzare) i messaggi degli utenti. Così il mistero continuava: per quale motivo al mondo Mark Zuckerberg ha pagato un prezzo enorme per un servizio che lui non poteva sfruttare?

Ora lo sappiamo. Il 25 agosto 2016 WhatsApp ha annunciato che stava cambiando i suoi termini e condizioni e la politica sulla privacy. In un post del blog che è un capolavoro di eufemismi legali, ci dice che sta per “condividere” con Facebook, i numeri di telefono dei propri utenti e i dati dell’ultima volta che si sono autenticat/identificati su WhatsApp. Ad ogni utente viene chiesto di cliccare su “Accetto” questa proposta – anche se, naturalmente, possono sempre invertire questo accordo se riescono a trovare la sezione pertinente nelle loro impostazioni.

Inutile dirlo, questo cambiamento radicale non ha nulla a che vedere con le esigenze dei proprietari dell’azienda WhatsApp. Neanche per sogno: è per migliorare le cose per voi, l’utente. Riguarda solamente l’uso "delle tue informazioni dell’account WhatsApp per migliorare la tua pubblicita’ su Facebook e l’ uso dei prodotti ". E, giusto per assicurarsi che comprendiate l’ordine di grandezza della decisione che state per prendere, “Se si picchietta ‘Non condividere’, non sarete piu’ in grado di cambiare questo in futuro”.

Gli osservatori esperti del settore informatico catalogheranno questo per quello che è: solo un’altro esempio del potere delle impostazioni predefinite. Nel gergo del marketing, è “Spingi il tuo clienti verso le scelte migliori” – un’implementazione della filosofia partita da Cass Sunstein e Richard Thaler, dal loro libro ‘Nudge:La spinta gentile’ (Nudge: Improving Decisions about Health, Wealth, and Happiness/ migliorare le decisioni sulla salute, ricchezza e felicità).

Naturalmente, è vero – come Sunstein e Thaler sostengono – che le impostazioni predefinite a volte sono utilizzabili per garantire che le persone facciano cose che siano utili per loro_, come garantire che le persone siano iscritte alle liste per la pensione. Ma nel settore informatico le impostazioni predefinite/default setting _ sono spesso impiegate nel solo interesse delle società.

Quindi, se sei un utente di WhatsApp, non cadere in affanno per questo, in particolare : Vai a “Impostazioni”, seleziona “Account”, “Condividi le mie info dell’ account” e premete su “Non condividere”. E fallo ora, perché il tempo sta scadendo.

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fonte: The guardian
John Naughton
18/09/2016

www.theguardian.com/commentisfree/2016/...