Piano casa del Veneto davanti alla Corte costituzionale.

.*Gruppo d’Intervento Giuridico onlus* - associazione ecologista

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus esprime la propria forte soddisfazione per la decisione del Governo nazionale, adottata nel corso della riunione del Consiglio dei Ministri del 24 gennaio 2014, di proporre ricorso davanti alla Corte costituzionale (art. 127 cost.) avverso la legge regionale Veneto 29 novembre 2013, n. 32 contenente la terza edizione del c.d. piano casa per la lesione delle competenze statali in materia di ambiente e urbanistica (artt. 117 e 118 cost.) e, indirettamente, per lo svuotamento delle competenze comunali in materia urbanistica.

Era quanto aveva chiesto con una specifica istanza (30 dicembre 2013), mettendo in proposito a disposizione di chiunque lo desiderasse un fac simile di istanza da completare con le proprie generalità e qualifica e da rivolgere direttamente al Governo perché impugnasse davanti alla Corte costituzionale questo vero e proprio regalo alla speculazione edilizia più becera.

Copia dell’istanza è stata fornita al Comune di Asiago, uno dei primi Comuni veneti, insieme a Cortina d’Ampezzo, a battersi apertamente contro il provvedimento legislativo, con una deliberazione consiliare (23 dicembre 2013) di disapplicazione del c.d. terzo piano casa, a numerosi amministratori locali, a parlamentari, ad associazioni ambientaliste, a liberi professionisti, a semplici cittadini.
Altopiano di Asiago

Altopiano di Asiago

Numerose polemiche e contrasti accompagnano questa normativa.

Quello veneto, infatti, è tutt’altro che un piano casa.

Bisogna ricordare che il vero e unico “piano casa” è stato il piano straordinario di intervento dello Stato per realizzare edilizia residenziale pubblica su tutto il territorio italiano nell’immediato secondo dopoguerra, con i fondi gestiti da un’apposita organizzazione presso l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, la Gestione INA-Casa, in base alla legge n. 43/1949. Al termine (1963) saranno realizzati ben 355 mila appartamenti nei tanti quartieri “razionali” predisposti grazie anche al contributo di alcuni fra i più importanti architetti e urbanisti del tempo (da Carlo Aymonino a Ettore Sottsass, da Michele Valori a Mario Ridolfi).

In realtà – così come in Sardegna e in altre regioni italiane – si tratta di un provvedimento legislativo adottato per favorire la più becera speculazione edilizia.
Modena, INA Casa, Viale Storchi (1950)

Modena, INA Casa, Viale Storchi (1950)

La terza proroga1 del finto piano casa e vero piano scempi sarà applicabile fino al 10 maggio 2017 e sarà utilizzabile addirittura per gli edifici realizzati fino al 31 ottobre 2013 (art. 3, comma 2°), per il 20% della volumetria o della superficie esistente (aumentabile di un ulteriore 5% per edifici residenziali o del 10% per gli altri quando si faccia l’adeguamento per la sicurezza sismica), fino a mc. 150 per unità immobiliare, anche su corpi separati entro una distanza di 200 mt. dall’edificio principale.

Nel caso di demolizioni e ricostruzioni con miglioramenti energetici o con edilizia sostenibile gli aumenti volumetrici possono addirittura essere rispettivamente del 70% e dell’80% della volumetria esistente (art. 4, comma 2°), anche su aree di sedime diverse da quelle dell’edificio originario (artt. 4, comma 3° e 11).
Veneto, pianura alluvionata

Veneto, pianura alluvionata

Anche per l’obbligatoria rimozione dell’amianto è concesso un aumento volumetrico del 10% (art. 6), così come è incentivata la demolizione di edifici in zone a rischio idraulico con la ricostruzione in altre zone con un premio volumetrico del 50% della volumetria esistente (art. 7). Per l’eliminazione delle barriere architettoniche è concesso un ulteriore ampliamento del 40% della volumetria (art. 12).

Sono inoltre consentiti nuovi centri commerciali nei centri storici anche in deroga agli strumenti urbanistici (art. 16). Non esistono più limiti alle altezze degli edifici, né c’è la minima traccia delle necessarie autorizzazioni ambientali per le aree tutelate con il vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) o con il vincolo idrogeologico (regio decreto n. 3267/1923 e s.m.i.) o rientranti in siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale (direttive n. 92/43/CEE e n. 09/47/CE, D.P.R. n. 357/1997 e s.m.i.).

Ma soprattutto – incredibile per una regione come il Veneto dove la Lega Nord governa – di fatto saranno esautorati i 581 Comuni veneti, che non avranno alcuna possibilità di mitigare o adeguare le previsioni legislative alla realtà locale: gli strumenti urbanistici comunali saranno in pratica disapplicati.
Bassano del Grappa

Bassano del Grappa

Basti pensare a che cosa potrebbe accadere sull’Altopiano di Asiago, sulla Riviera del Brenta o nella conca di Cortina d’Ampezzo, nella stessa Venezia, una vera follìa, un autentico far west urbanistico in danno delle aree più pregiate sul piano ambientale e forti richiami per il turismo.

La pianura veneta, un tempo celebrata da poeti e scrittori e già ora a rischio di collasso ambientale, potrebbe divenire un unico capannonificio, inutile e sempre meno ricco di lavoro.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus confida che le ragioni del diritto, del buon senso, della tutela del territorio trovino accoglienza nel giudizio della Corte costituzionale.

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

Bosco, radura

Bosco, radura

ecco i motivi del ricorso, deliberato dal Consiglio dei Ministri nel corso della seduta del 24 gennaio 2014:

Gli articoli 10 comma 6, in combinato disposto con l’articolo 7, comma 1; e l’articolo 11, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto n. 32 del 2013 presentano profili di illegittimità costituzionale in riferimento agli art. 117 co. 2 lett. s) e 117 co. 3 della Costituzione e devono pertanto essere impugnati ai sensi dell’art. 127 della Costituzione per i motivi di seguito specificati.

L’articolo 7 inserisce nella l.r. 14-2009 l’articolo 3-quater (“Interventi su edifici in aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica e idrogeologica”) il cui comma 1 dispone “1. Per gli edifici ricadenti nelle aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica o idrogeologica è consentita l’integrale demolizione e la successiva ricostruzione in zona territoriale omogenea propria non dichiarata di pericolosità idraulica o idrogeologica, anche in deroga ai parametri dello strumento urbanistico comunale, con un incremento fino al 50 per cento del volume o della superficie.” L’articolo 10, comma 6, che modifica la lettera g) dell’articolo 9 (“Ambito di applicazione”), della l.r. 14-2009, vieta l’applicazione degli interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione per gli edifici “g) ricadenti in aree dichiarate ad alta pericolosità idraulica e nelle quali non è consentita l’edificazione ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e successive modificazioni” aggiungendo le parole “fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 3-quater.” Le nuove disposizioni, pur incentivando l’integrale demolizione e ricostruzione di edifici siti in aree ad alta pericolosità idraulica ed idrogeologica in zone territoriali omogenee non dichiarate pericolose, sono incostituzionali con riferimento al testo dell’articolo 9, lettera g) della l.r. 14-2009.

Tale previsione regionale, infatti, nell’escludere gli interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione, utilizza il termine “pericolosità idraulica” che ricomprende solo l’alluvione e non anche il termine “pericolosità idrogeologica” che ricomprende le aree a rischio frana e valanga, ponendosi così in contrasto con quanto previsto nel D.P.C.M. 29.9.1999 “Atto di indirizzo e coordinamento recante l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2 del decreto legge 11 giugno 1998, n. 180”, che esclude l’ammissibilità di alcuni degli interventi per le aree ad alta pericolosità/rischio idrogeologico, differenziando tra aree a rischio idraulico ed aree a rischio frana (§3.1 e §3.2). La normativa contrasta con la disciplina statale di riferimento, nella misura in cui è idonea a consentire gli interventi menzionati anche in violazione delle prescrizioni più restrittive contenute negli atti di pianificazione di bacino, le quali, ai sensi dell’art. 65, co. 4, 5 e 6 del D.Lgs. 152/2006 hanno carattere vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici e sono sovraordinate ai piani territoriali e ai programmi regionali.
Di conseguenza, le disposizioni di cui all’articolo 9, lettera g), della l.r. 14/2009, come modificate dall’articolo 10, comma 6 della legge in esame, violano l’art. 117, comma 2, lettera s) della costituzione, nella parte in cui non prevedono l’esclusione degli interventi citati in tutti i casi in cui le norme di attuazione dei piani di bacino o la normativa di salvaguardia non consentono, nelle aree considerate, tale tipologia di interventi o, più in generale, nelle aree ad alto (elevato e molto elevato) rischio idrogeologico, nelle quali non è consentita l’edificazione dagli strumenti di pianificazione.

L’articolo 11, commi 1 e 2, che modifica l’art. 10, comma 1, lett. a) e b) della legge regionale n. 14 del 2009 eliminando l’obbligo, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, di rispettare la sagoma esistente, si pone in contrasto con l’art. 3, comma 1, lettera d) del DPR n. 380 del 2001, che impone, ai fini della qualificazione degli interventi di ristrutturazione edilizia, sottratti perciò al permesso di costruire e assoggettati a mera s.c.i.a., il rispetto della medesima sagoma dell’edificio preesistente, qualora si tratti di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004. Si tratta, evidentemente, di una norma formalmente edilizia, ma sostanzialmente di tutela del patrimonio culturale, che si risolve in una disposizione di maggior tutela dei beni culturali vincolati, come tale ascrivibile alla potestà legislativa esclusiva di cui al secondo comma, lettera s), dell’art. 117 Costituzione. Pertanto, la disposizione regionale de qua contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di governo del territorio (art. 117, comma 3 della Costituzione) e con una disposizione di tutela dei beni culturali, vincolante per le regioni ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione.

In conclusione, per le motivazioni sopra esposte, devono essere impugnate ai sensi dell’art. 127 della Costituzione le seguenti disposizioni della l.r. Veneto n. 32/2013:

- l’art. 10, comma 6, in combinato disposto con l’art. 7, comma 1, per contrasto con l’art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione (in riferimento al D.P.C.M. 29.9.1999 “Atto di indirizzo e coordinamento recante l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all’art. 1, commi1 e 2 del decreto legge 11 giugno 1998, n. 180” e all’art. 65, co. 4, 5 e 6 del D.Lgs. 152/2006);
- l’art. 11, comma 1 e 2, per contrasto con gli articoli 117, comma 2, lett. s) (in riferimento alla tutela del paesaggio) e con i principi fondamentali in materia di governo del territorio di cui all’art. 3, comma 1, lettera d) del d.p.r. n. 380/2001.
rustico edilizio

rustico edilizio
(foto A.N.S.A., da www.rivieradelbrenta.com, da www.ladomenicadivicenza.it, da blogeko.iljournal.it, J.I., archivio GrIG)

1 Il primo piano casa è stato approvato con legge regionale Veneto n. 14/2009, il secondo con legge regionale Veneto n. 13/2011.