Varoufakis: Il Finto Successo del "Salvataggio" Irlandese

Yanis Varoufakis commenta lo scandaloso trionfalismo sul presunto successo del "salvataggio" a cui è stata costretta l'Irlanda, smontando i due miti su cui è costruito: le eccezionali esportazioni e il crollo dei rendimenti.

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L’economista Greco/Australiano Yanis Varoufakis commenta lo scandaloso trionfalismo sul presunto successo del "salvataggio" a cui è stata costretta l’Irlanda,
smontando i due miti su cui è costruito: le eccezionali esportazioni e il crollo dei rendimenti

Tradotto da Voci dall’estero

dic. 2013

di Yanis Varoufakis Contrariamente al senso comune,* l’Irlanda non è mai stata "salvata"* e,
per di più, non è neanche lontanamente sfuggita alla prigione del debito
in cui era stata confinata dal suo, presunto, “salvataggio”.
Dopo lo scoppio della bolla del mercato immobiliare,
a seguito della crisi creditizia post-2008, la Banca Centrale Europea
ha richiesto al governo di spostare le perdite delle cinque banche irlandesi,
del valore di € 60 miliardi, sulle spalle dei contribuenti.
Di cittadini che non avevano né il dovere morale né l’obbligo giuridico di portare questo carico.
Perché? Al fine di proteggere il fragile sistema bancario tedesco dalle ripercussioni
delle grosse perdite che avrebbe subito.
Gli Irlandese se la sono presa con il loro governo e ne hanno eletto un altro che, tuttavia,
ha considerato come sua priorità la piena attuazione del programma di austerità selvaggia
conseguente agli enormi prestiti che il governo aveva accettato al fine di rimborsare le perdite delle banche.
Il risultato è stata una spirale catastrofica per l’economia sociale dell’Irlanda e per la sua gente.

Ma ora i giornali e i media si riempiono la bocca della ‘buona notizia’ che questo programma
di ‘consolidamento fiscale’ è ‘riuscito’. Che l’Irlanda è tornata sui mercati. Che abbiamo la prima prova
tangibile che il piano di salvataggio ha funzionato. Che l’Irlanda è in procinto di riconquistare la sua sovranità
e gli Irlandesi possono, di nuovo, guardare negli occhi con orgoglio i Tedeschi, i Francesi, gli Olandesi,
pienamente restituiti alla terra dei popoli liberi e meritevoli di credito.

Ma ahimè, a quanto posso vedere, tutto ciò che è successo è che,dopo cinque anni di una continua commedia degli errori,
la leadership europea ha deciso di dichiarare vittoria, con l’Irlanda promossa a pieni voti a dimostrazione
che la combinazione di prestiti di salvataggio e severa austerità funziona davvero.
E se questo comporta di dover lesinare sulla verità dei fatti, così sia.

Ma per coloro che non desiderano lesinare sulla verità, diamo un’occhiata ad alcuni numeri:

Numero di persone occupate: Ridotto del 12,8% dal gennaio 2008

Disoccupati: Aumentati, dai 107.000 del gennaio 2008 ai 296.300 di oggi

Tasso di crescita interna annualizzato: -1,2%

Emigrazione netta: 33 mila ogni anno

Disavanzo pubblico in rapporto al PIL: 7,3%

Debito pubblico: 121% del PIL nel 2013, dal 91,1% nel 2010 e105% nel 2011

Indebitamento delle famiglie: 200% del PIL

Valore degli asset sottostante al debito delle famiglie: -56%dall’inizio della crisi

Mutui in arretrato da più di sei mesi: il 17% di tutti i mutui

Come si può affermare che questa economia costituisca una ‘storia di successo’ e un motivo di celebrazione
della fine della spirale di deflazione da debito? Due sono gli argomenti su cui si è costruito il trionfalismo UE.
In primo luogo, le spettacolari prestazioni dell’Irlanda nelle esportazioni (le esportazioni annuali superano il PIL del paese!).
E, dall’altro, il crollo dei rendimenti dei suoi titoli di Stato a dieci anni a livelli che rendono possibile il ritorno
di Dublino sui mercati, invece che un ritorno al MES per altri prestiti di “salvataggio” .
Cominciamo a smontare queste due grandi storie di successo, a cominciare dalle esportazioni.
L’Irlanda è il più grande paradiso fiscale del pianeta. Società come Google e Apple notoriamente riciclano
i loro redditi tramite Dublino, in modo da ridurre massicciamente i loro oneri fiscali, mentre rafforzano a livelli ridicolmente fittizi
il PIL dell’Irlanda. Chiunque contesti questo deve offrire una spiegazione alternativa del fatto che
ciascuno dei dipendenti irlandesi di Google produce 4.800 milioni di € di fatturato ogni anno!
Tutto questo significa che le meravigliose statistiche sulle esportazioni non si traducono né in imposte sulle società,
né in un numero significativo di posti di lavoro sui quali il governo possa riscuotere imposte sul reddito
e imposte indirette in modo da far fronte ai suoi debiti.

Per quanto riguarda i rendimenti dei titoli di Stato, si pone una domanda interessante: perché sono così bassi
quando i dati di cui sopra rivelano che l’Irlanda, in considerazione del rallentamento dell’economia interna,
rimane assolutamente incapace di rifinanziare il proprio gigantesco debito pubblico? Perché gli investitori in titoli
non fanno più il dumping sui titoli di Stato irlandesi (come facevano nel 2011 e fino al giugno del 2012)?
La risposta è semplice : perché hanno concluso che la BCE e Berlino non potranno mai consentire il default di Dublino
dato il disperato bisogno dell’Europa di sbandierare l’Irlanda come ‘prova’ del fatto che le loro politiche stanno funzionando.
Gli investitori, in poche parole, hanno fiducia che la BCE, via OMT di Draghi o altro, troverà il modo di permettere a Dublino
di rimborsare le sue obbligazioni, anche se il popolo irlandese e il suo governo restano saldamente incastrati nel carcere del debito.

  • Autore di Il Minotauro Globale. L’America, le vere origini della crisi e il futuro dell’economia globale,
    Asterios editore, 2012.

Tradotto da: vocidallestero.blogspot.it

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