Israele ha da sempre significato molto per me. Quand’ero piccola, mia nonna, che era fuggita dall’Europa e aveva perso gran parte della sua famiglia nell’Olocausto nazista, era solita parlare di Israele come della sola protezione che la nostra famiglia e gli Ebrei di ogni parte del mondo avevano contro future persecuzioni e omicidi. Quando visitai per la prima volta Israele di persona, sotto lo sponsor di un programma chiamato “Birthright Israel” che invia giovani Ebrei non Israeliani in un tour pagato della Terra Santa di 10 giorni, non vidi nulla che mi facesse pensare che Israele fosse qualcosa di diverso da una democrazia votata alla pace. La mia immagine di Israele era quella di un piccolo paese vittima che voleva semplicemente vivere in pace, ma non poteva farlo a causa dei suoi vicini aggressivi e antisemiti.
Arrivai a mettere in discussione la mia visione di Israele nel corso di un viaggio attraverso il Medio Oriente. All’epoca insegnavo Inglese all’università di Ankara, in Turchia, con una borsa di studio Fullbright. Durante le vacanze girai per la Siria, il Libano e l’Iran. Ero benvenuta dovunque andassi, e soprattutto nel sud del Libano, dove fui ospitata da diverse famiglie di rifugiati Palestinesi. Una di queste famiglie, in particolare, non solo mi sommerse di ospitalità e calore, ma mi accettò e rispettò in una misura che non avevo mai provato nemmeno nella mia stessa comunità, a casa. Attraverso la mia amicizia con il figlio maggiore, Mahmoud, e i suoi genitori, parenti e vicini, cominciai a sentire una storia sullo stato di Israele diversa da quella che avevo sentito crescendo come Ebrea Americana.
I miei nuovi amici mi raccontarono storie passate e presenti di attacchi militari, demolizioni di case, confische di terre, prigionie senza processo, tortura, e assassinî di stato. Sembrava che queste azioni aggressive non fossero compiute per proteggere il popolo Ebreo, come mi era stato insegnato in passato, ma piuttosto per creare ed espandere uno stato Ebraico a spese dei diritti, delle vite, e della dignità della gente non Ebrea che vive nella regione. Per me era difficile credere che Israele potesse commettere ingiustizie simili. Avevo l’impressione che mettere in qualunque modo in discussione Israele equivalesse a tradire mia nonna.
Nonostante questo, per me diventò importante arrivare a una mia propria comprensione del conflitto, attraverso la ricerca e l’esperienza personale diretta. Lessi libri scritti da punti di vista diversi, e presi parte a presentazioni tenute da attivisti locali per descrivere le loro esperienze nei Territori Occupati Palestinesi, un luogo in cui il pulmino del mio tour Birthright Israel non aveva fatto sosta. Con delusione, cominciai a vedere che Mahmoud e la sua famiglia avevano ragione: c’era molto che non mi era stato detto a proposito delle politiche passate e presenti di Israele. Della situazione attuale in Israele e nei Territori Palestinesi, dopo letture approfondite, mi diventarono chiari i seguenti aspetti:
- l’Occupazione da parte di Israele della West Bank, della Striscia di Gaza e di Gerusalemme Est, durata quarant’anni e tuttora in corso, è illegale e viola la Quarta Convenzione di Ginevra, così come oltre 60 risoluzioni delle Nazioni Unite. Israele ha violato più risoluzioni ONU di qualsiasi altro paese nell’intera storia dell’organizzazione.
- Ai Palestinesi, nei Territori Occupati e in Israele, vengono negati diritti uguali a quelli degli Ebrei delle stesse aree semplicemente sulla base della loro religione ed etnìa.
- L’esercito Israeliano controlla i movimenti di quasi quattro milioni di Palestinesi grazie a un sistema di checkpoint, blocchi stradali, e segregazione delle strade. Allo stesso modo Israele limita anche l’approvigionamento di cibo, acqua, forniture mediche, e altri beni necessari ai civili Palestinesi.
- Il governo e l’esercito Israeliani esercitano una libertà pressoché illimitata di fermare, minacciare, arrestare, imprigionare, torturare e assassinare Palestinesi, spesso senza accusa o processo.
- Il governo Israeliano favorisce il trasferimento in massa di cittadini Israeliani Ebrei da Israele a colonie di soli Ebrei, conosciute come insediamenti, e costruite illegalmente nei Territori Occupati su terra Palestinese riconosciuta a livello internazionale.
- I coloni Israeliani non incorrono nella pratica in nessuna conseguenza legale se decidono di fondare nuovi insediamenti illegali (illegali secondo il diritto internazionale e Israeliano), o di espandere degli insediamenti esistenti, o se minacciano o attaccano fisicamente dei civili Palestinesi.
- Le violazioni dei diritti umani da parte di Israele a partire dal settembre del 2000 hanno lasciato un numero di morti tra i civili Palestinesi che è quattro volte più grande del totale di Israeliani (sia civili che militari) uccisi da Palestinesi.
- Il Muro, o [“Security Fence”], che Israele sta attualmente costruendo in nome della prevenzione del terrorismo, si snoda in effetti /attraverso/ (e non intorno) alla West Bank, separando in realtà centinaia di migliaia di Palestinesi della West Bank dalla loro terra, dal loro lavoro, dai loro ospedali, dalle loro scuole, e l’uno dall’altro.
- Le politiche Israeliane di occupazione e colonizzazione sono coerenti con uno schema costante che prevede il trasferimento dei Palestinesi indigeni fuori da Israele e dalla Palestina, e la confisca della loro terra, della loro acqua e delle loro risorse ad uso degli Israeliani Ebrei. Questo processo, simile alla pulizia etnica condotta in Nord America, Australia ed ex-Yugoslavia, cominciò prima della creazione di Israele nel 1948, e continua tutt’oggi.
- Ogni anno il governo degli Stati Uniti incanala miliardi di dollari di contributi verso Israele. Questi soldi sono impiegati principalmente per acquistare armi fabbricate in America e armare così l’esercito occupante e i coloni Israeliani.
Come contribuente Americana mi sento responsabile del ruolo che i miei soldi, il mio governo e il mio paese svolgono nella violazione del diritto internazionale e dei diritti umani. Mi sento doppiamente responsabile in quanto Ebrea Americana, visto che gli abusi di Israele vengono perpetrati nel nome di tutti gli Ebrei. Anche se non sono mai stata religiosa, la cultura e la storia Ebraiche hanno sempre fatto parte del mio ambiente, e identificarmi come Ebrea non è mai parso una scelta, ma piuttosto un fatto. Secondo il diritto consuetudinario Ebraico e il diritto esplicito Israeliano, il Giudaismo è basato sulla discendenza, non sulla fede o sulla pratica religiosa. Sono un membro della comunità che Israele sostiene di proteggere con le sue violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani.
Nell’autunno del 2003 ho deciso di recarmi nei Territori Palestinesi Occupati per osservare di persona la situazione. Ho fatto domanda e sono stata accettata come volontaria dall’International Women’s Peace Service (IWPS), un’organizzazione pacifista di base dedicata a documentare e intervenire in modo non-violento contro abusi dei diritti umani nella West Bank, e ad appoggiare il movimento non-violento a favore della fine dell’Occupazione. Questo libro è il racconto degli 8 mesi che ho passato lavorando con IWPS nel corso degli ultimi 5 anni. Documenta sia la situazione sul campo così come l’ho osservata, sia il mio personale viaggio emotivo ed intellettuale nel costruire pezzo per pezzo la mia comprensione del conflitto.
Ho cercato di descrivere quello che ho visto nella West Bank nel modo più accurato possibile. Non affermerò che la mia presentazione della situazione sia imparziale – non posso negare di avere sull’argomento una forte opinione, che emergerà inevitabilmente dal racconto – ma ho cercato di tenere separata l’espressione delle mie opinioni dal mio riportare i fatti. Inoltre, non pretendo di offrire un’ampia sintesi del conflitto Arabo-Israeliano, e nemmeno della vita nella Palestina occupata. Come straniera che lavora volontariamente in una parte specifica della regione, per un periodo di tempo relativamente breve, non posso veramente capire cosa voglia dire essere una Palestinese che vive sotto l’Occupazione. Questi resoconti non rappresentano nessuna “parte”, se non la mia. Sono le osservazioni e le registrazioni dell’esperienza di una donna che ha vissuto e lavorato nella West Bank.
In questo libro parecchi dettagli vengono ripetuti: decine di Palestinesi arrestati ai checkpoint, minacciati dai coloni, provocati, e fatti oggetto di persecuzione. Non mi sono tirata indietro dal riportare questi dettagli. E’ mia convinzione che per capire gli effetti dell’Occupazione uno deve guardare non solo ai momenti drammatici rappresentati (o manipolati) dalle notizie, ma anche ai piccoli, quotidiani atti di violenza e di umiliazione, e accanto ad essi ai piccoli, quotidiani atti di resistenza e di dignità umana. Se i miei resoconti contengono troppi dettagli frustranti di ritardi, perquisizioni e abusi, posso solo dire che questa è la natura della vita sotto l’Occupazione.
Questo libro è rivolto principalmente ad Americani e altri Occidentali che potrebbero essere poco informati sulla situazione attuale in Palestina, ma credo che sia adatto a lettori di ogni luogo, a prescindere dalle loro convinzioni politiche e conoscenze precedenti sull’argomento. Parole ed espressioni importanti sono state evidenziate nel testo e definite nel Glossario. Per coloro che non hanno alcuna familarità con il conflitto ho incluso, nell’Appendice III, un breve riassunto della storia della regione. L’Appendice IV affronta alcuni dei principali miti e domande che circondano l’argomento, e l’Appendice V contiene citazioni di leader Israeliani, Palestinesi e Statunitensi, così come di altre voci significative che articolano quelli che ritengo essere i punti chiave del conflitto.
Ho suddiviso questa edizione aggiornata e rivista nelle Parti I e II. La Parte I contiene i miei scritti dalla Palestina tra il 2003 e il 2005, il nucleo della prima edizione di questo libro. Ho aggiornato mappe e statistiche dovunque mi è stato possibile. La maggior parte del nuovo materiale si trova nella Parte II, che è stata scritta durante il mio periodo di servizio più recente con IWPS, nel 2007. Lungo tutto il libro alcuni nomi sono stati cambiati per motivi di privacy o sicurezza, alcune citazioni sono state ricostruite da appunti dettagliati, e sono state fatte minime modifiche cronologiche al fine di migliorare la coerenza.
I lettori potrebbero accorgersi di un cambiamento nella mia scrittura tra la prima e la seconda parte. Ad esempio, nei primi scritti mi sono sforzata di evitare di affrontare la storia anteriore all’Occupazione, sia perché non sono un’autorità in materia, sia perché la vedevo come un punto delicato e una distrazione dall’affrontare l’urgenza della situazione attuale nei Territori Occupati. Pensavo che molte persone che fossero in forte disaccordo sul passato e il futuro di Israele e della Palestina avrebbero potuto almeno concordare sul fatto che le politiche di occupazione e di colonizzazione Israeliane fossero un passo indietro rispetto alla pace, dal punto di vista della giustizia per i Palestinesi e della sicurezza per gli Israeliani. Sono ancora convinta di questo. Ad ogni modo, col passare del tempo ho reindirizzato la mia ricerca verso l’esplorazione della storia e dell’ideologia Sioniste che sottendono alla situazione attuale. Sono convinta che queste cose siano al centro del conflitto, e che perciò non si possano evitare.
Non pretendo che i lettori accettino ciecamente le mie affermazioni su Israele e sull’Occupazione – né del resto lo desidero; io certamente non credetti ad affermazioni del genere quando mi ci imbattei per la prima volta. La mia speranza è che i lettori reagiscano individualmente alle mie storie e che inizino a sviluppare la propria coscienza della situazione. I lettori che non desiderano credermi sulla parola non sono naturalmente obbligati a farlo: ci sono decine di gruppi Israeliani, Palestinesi e internazionali che organizzano delle visite in Israele/Palestina e documentano tutti gli aspetti della situazione. Molte di queste organizzazioni sono evidenziate nel testo ed elencate nelle Appendici I e II: “Cosa Puoi Fare” e “Guida alle Risorse”. Queste appendici offrono anche suggerimenti per ricerche ulteriori sull’argomento, oltre a vari modi di partecipare al crescente movimento internazionale non-violento per la pace e la giustizia in Israele/Palestina.